La dipendenza e i comportamenti a rischio in una societa’ a rischio

La dipendenza e’ una dimensione che la persona attraversa tutta la vita e con la quale deve fare continuamente i conti. Tutti noi dipendiamo da cose e persone: puo’ essere una dipendenza “sufficientemente buona” o puo’ essere  una dipendenza patologica ( da sostanze o affettiva) che si traduce in comportamenti compulsivi, dannosi per la persona che la sperimenta e per le persone con le quali e’ in rapporto.

La dipendenza e’ espressione del bisogno di sperimentare un piacere-eccitazione, fondamentale per la persona che ne e’ soggetta, ai fini della possibilita’ di vivere la quotidianita’ e di sopportare le angosce che questa comporta (Angelucci)

Spesso l’evaporazione della funzione paterna in una funzione amicale e la persecutorieta’ di un femminile invadente ed assillante mette i giovani nella condizione di sperimentare ogni rischio per potersi sentire invaso da un desiderio che non conosce.

Il vuoto rappresentazionale dei genitori puo’ impedire ai giovani di radicarsi e volare con la rete di sicurezza, bloccandolo in una sorta di guscio informe e deviante dalla norma (Vergine)

Il giovane tormentato non possiede dentro di se’ il senso del limite, ma vive su se’ stesso un territorio di frontiera.

Allora nel giovane, nell’impossibilita’ di accedere ad una rappresentabilita’ di sensazioni, affetti e pulsioni, il corpo puo’ divenire il luogo in cui agire la violenza e la distruttivita’ legata alla perdita di riferimenti e all’intollerabilita’ di contenuti emotivi che, non potendo essere esperiti nel dolore che procurano, vengono concretamente tagliati ed espulsi fuori da se’. Dunque l’esperienza psicoterapeutica si pone come luogo che, ripartendo dal corpo e dalla sua immediata fisicita’, puo’ consentire di dar voce e parola a cio’ che non e’ stato possibile riconoscere come esperienza vissuta, ristabilendo un legame con tutto cio’ che inizialmente sembra avere soltanto la possibilita’ di essere evacuato in un fatto sensoriale. (Casamassima)

Come costruire la propria resilienza mentale

Alcuni possono nascere con  una capacita’ di resilienza maggiore, ma e’ sempre possibile allenare la propria mente a costruire e a mantenere una resilienza mentale.

Di seguito elenchero’ in pochi passi come costruire la resilienza mentale:

  1. 1. punta al massimo, accetta di fallire
  2. 2. vivi il presente
  3. 3. esci dalla tua zona di confort
  4. 4. minimizza l’autocolpevolizzazione
  5. 5. prova ad essere autentico
  6. 6.stai attento al materialismo
  7. 7.chiedi aiuto quando ti serve
  8. 8.perdona e dimentica
  9. 9. accetta le persone tossiche come compagne di viaggio
  10. 10.prenditi delle pause dal mondo virtuale
  11. 11. stai con gli altri dal vivo
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Come far risalire l’autostima in tempi brevi

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Innanzitutto dobbiamo definire l’origine dell’autostima.

Correnti di pensiero dicono che sia di natura genetica, altre che sia di origine ambientale (vd. modello genitoriale) altre educative (vd.stili educativi).

Altri un mix.

Comunque sia, chi presenta un forma di autostima bassa soffre!

Non solo si vive come incapace, ma commette scelte non sempre adeguate che a loro volta incrinano ancor di piu’ l’autostima.

E allora come fare a risalire la china? Di seguito elencherò alcuni punti:

– accettare che oltre ai difetti si possiedono pregi e di conseguenza scoprirli e utilizzarli

– mettere in evidenza con se’ stessi e con gli altri, le proprie abilita’ senza vergognarsi

– essere consapevole della presenza di una parte interna denigratoria e svalutativa e arginarla

– allearsi con la parte “adulta sana” che funziona e far si ‘che  “abbracci” la parte infantile e vulnerabile insita in ciascuno di noi

– ammettere che, seppur si commettono degli errori, esso e’ un processo umano, ed e’ tutto riparabile

– non pretendere da se’  l’eccesso ed ossessivamente il successo ( se esso avviene da solo tanto meglio)

– imparare a godere dei propri successi e delle proprie capacita’

Ed infine non provare il senso di colpa di essere una persona capace!

Sono 8 punti non del tutto facili da perseguire, ma solo il riuscire a raggiungerne qualcuno potrebbe cambiare e/o modificare non solo l’autostima ma anche la qualità della vita in una direzione positiva.

Ma e’ possibile che l’uso di sostanze stupefacenti prenda il posto delle relazioni extraconiugali?

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Si! E’ possibile. E’ un fenomeno sempre piu’ in via di espansione, soprattutto nel genere maschile, e non fa alcuna differenza il tipo di droga usata, siano esse droghe cosiddette “leggere” quali la marijuana o l’hashish (calmanti) o pesanti come la cocaina (eccitante).

Si assiste sbalorditi all’aumento di questo fenomeno in cui il consumatore si comporta ugualmente all’uomo infedele: racconta bugie, si nasconde, prende tempo prima di ricomparire a casa e via dicendo.

La droga prende le forme di una donna che soddisfa, eccita o placa, diverte, ancor piu’ se abbinata al bere. Simile ad una ipotetica  “donna” che non da’ pensieri, piuttosto che distrae e alleggerisce la vita, di conseguenza l’impellente desiderio o bisogno di una partner viene meno.

Ma la cosa che stupisce maggiormente e’ che il consumo avviene per lo piu’ in solitudine, bypassando ogni forma di relazione e di interazione con altri esseri umani.

L’evitamento della relazione solleva dalle responsabilita’, da quelli che sono chiamati “fastidi” o limitazioni che una relazione, anche extraconiugale, potrebbe comportare. E allora la sostanza prende il posto della relazione, attivando anche un mondo immaginario leggero e libero da incombenze e da doveri.

Puo’ sia calmare che eccitare, ma comunque serve a compensare un profondo vuoto emozionale antico o attuale.

Detto cosi sembra tutto bello e lecito, invece no! Non scordiamoci che l’uomo e’ un animale sociale, fatto per stare con gli altri in molti modi, dai piu’ spensierati ai piu’ complessi, e che l’abuso di sostanze e’ sempre estremamente dannoso sia sul piano fisico che su quello psichico, comportando sia alterazioni del tono dell’umore sia neurologiche spesso anche gravi.

La sostituzione di un partner con l’uso di sostanze, non solo e’ indice di sofferenza psichica, ma a sua volta e’ molto probabile che ne generi ancora di piu’ nell’individuo, inconsapevolmente.

Una delle conseguenze piu’ evidenti sara’ quelle di non riuscire piu’ a stare nelle relazioni affettive, in coppia per esempio.

La droga non chiede, non pretende, non mette limiti. Ma c’e’ da chiedersi se questa e’ la vera libertà per un essere umano.

Non e’ un caso che venga chiamata TOSSICODIPENDENZA poiche’ e’ una vera e propria dipendenza, da una sostanza, ma e’ pur sempre una dipendenza, l’antitesi della libertà.

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A proposito dell’amore vero – parte 2

Faccio seguito all’articolo precedente circa l’amore vero, facendo tesoro di alcune considerazioni fatte dai miei lettori. E’ necessario tenere in considerazione un elemento fondamentale nelle relazioni affettive: capita sempre più spesso di credere di essere amati/e da un partner che pur dichiarando “amore infinito“ invece non sia capace in alcun modo non solo di dimostrarlo ma anche di provarlo se non per se stesso. Questo tipo di persone chiamati narcisisti, non sono in grado di “vedere“ altro da sé, impegnati a vedere solo se stessi e avendo un profondo vuoto affettivo che li rende incapaci del tutto di amare, di prendersi cura dell’altro, di dedicarsi all’altro, ma solo di pretendere dall’altro attenzioni, cure e amore, che il più delle volte non riesce a colmare il loro vuoto ancestrale. Queste personalità, che ripeto sono prese solo da se stesse, amano catturare prede pronte a dare ad oltranza, ma per loro non basta mai e non solo non sono in grado di corrispondere ma hanno bisogno sempre di una preda diversa e nuova. È da ricordare che sono capaci di grandi parole e dichiarazioni ma sono false!

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L’amore vero e’ in via di estizione e supera tutte le controversie,a meno che……..- parte 1

A meno che non sia amore! Innanzitutto è da sottolineare che è necessario l’amore per se stessi senza il quale non ci può essere  una relazione sana; e come si costruisce un amore per se stessi? Lo si impara in famiglia. Chi riceve amore poi lo sa donare. Però si può anche imparare tramite un percorso terapeutico, fondamentale per poter riconoscere i caratteri di una relazione sana, funzionale e d’amore. Questa non presenta mai le caratteristiche della violenza, della prevaricazione, né tantomeno della manipolazione, bensì si fonda sul rispetto e l’affettività reciproci. Lungo tutto un percorso di costruzione fondato su suddetti tratti, si comprende più facilmente che il rischio dei nostri giorni è di incappare in “mostri“ che si spacciano per principi azzurri. Le modalità sono molteplici, e fanno breccia spesso sull’ingenuità delle persone che però se ben corroborate e rafforzate da un’esperienza terapeutica, acquisiscono degli strumenti atti a difendersi, e una buona consapevolezza per porter fare un giusto distinguo. Mancando la consapevolezza e l’amore di sé e strumenti difensivi, purtroppo si scambia molto spesso “l’amore vero“ per altro, Per qualcosa di maligno, perverso e molto pericoloso. Spesso nelle relazioni il maltrattamento psicologico è quello che distrugge del tutto l’altro, così come il tormento, il sentirsi controllati, il non sentirsi amati pur sentendosi dichiarato “tanto amore“. Anche il silenzio, uno sguardo freddo o uno sguardo dispregiativo fanno molto male. Il dolore che genera nell’individuo lo scambiare l’amore con altro, è paritetico all’assunzione di un veleno a lenta goccia.

Ed è per questo che solo l’amore e la consapevolezza di sé può salvare chi ingenuamente si innamora di queste orribili principi azzurri.

Termino questo breve scritto con un aforisma di Roberto Benigni:

“ o sei innamorato, o non lo sei. E’ come la morte… O sei morto o non lo sei: non è che uno è troppo morto! Non c’è troppo amore, l’amore è li’, non si può andare oltre un certo limite e quando ci arrivi, a questo limite, è per l’eternità.”

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Le Personalità Borderline (DBP): Chi sono e i sintomi

Il Disturbo Borderline di Personalità (DBP) presenta una forte instabilità emotiva ed è caratterizzato da una immagine distorta di sé, da sensazioni di inutilità e dall’idea di essere fondamentalmente difettosi. Il paziente passa molto velocemente da lunghi intensi stati di rabbia, furia, dolore, vergogna, panico, terrore ed uno stato cronico di vuoto e solitudine. Si tratta di individui che presentano una l’elevata impulsività, una intollerabile condizione di dolore ed urgenza. Altra caratteristica è la reattività umorale, contraddistinta da cambiamenti repentini del tono dell’umore che possono realizzarsi anche nell’arco di una giornata.
La sintomatologia cognitiva si caratterizza per la presenza di stati mentali di natura non psicotica, come l’idea pervasiva di essere cattivi, le esperienze di dissociazione (depersonalizzazione e derealizzazione), la sospettosità e le idee di riferimento.
Tuttavia, è possibile la comparsa di sintomi quasi-psicotici o psicotici transitori e, a volte, illusioni ed allucinazioni reality-based.

L’impulsività può essere di due tipi: l’autodistruttività (tentativi di suicidio, automutilazioni, tentativi di suicidio) e una forma più generale di impulsività (abuso di sostanze, disturbi alimentazione, scoppi verbali, guida spericolata).
Le relazioni sono intense ed instabili, accompagnate da una pervasiva e violenta paura dell’abbandono, che si esplicita negli strenui tentativi di non rimanere da solo. In questa direzione la qualità “tumultuosa” delle relazioni intime, caratterizzate da frequenti discussioni, ripetute rotture e sentimenti di fiducia/disponibilità/idealizzazione dell’altro che si alternano a vissuti di dipendenza/indegnità/svalutazione cui il paziente reagisce ricorrendo a strategie difensive che alimentano il rischio di una rottura relazionale.

 Sintomi

  • Modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’autostima e dell’umore.
  • Marcata impulsività.
  • Sforzi disperati per evitare abbandoni reali o immaginati.
  • Intensi timori di abbandono e rabbia inappropriata anche quando si trovano ad affrontare separazioni reali limitate nel tempo o quando intervengono cambiamenti di progetti inevitabili.
  • Modalità di relazione instabile e intensa.
  • Idealizzazione e svalutazione.
  • Empatizzano con gli altri e li coccolano, ma solo con l’aspettativa che gli altri saranno “presenti” a loro volta per soddisfare le loro necessità.
  • Inclini a cambiamenti improvvisi e drammatici della loro visione degli altri, che possono essere visti alternativamente come supporti benefici o come crudelmente punitivi.
  • Immagine di sé o percezione di sé marcatamente e persistentemente instabile.
  • Variazioni improvvise e drammatiche dell’immagine di sé, caratterizzate da cambiamenti di obiettivi, valori e aspirazioni.
  • Passaggi rapidi dal ruolo di supplice e bisognoso di aiuto a quello di giusto vendicatore di un maltrattamento precedente.
  • Impulsività in almeno due aree potenzialmente dannose per sé.
  • Gesti o minacce di suicidio o comportamento auto mutilante.
  • Possono giocare d’azzardo, spendere soldi in modo irresponsabile, fare abbuffate, abusare di sostanze, coinvolgersi in rapporti sessuali non sicuri.
  • Instabilità affettiva dovuta a marcata instabilità dell’umore (per es., intensa disforia, irritabilità o ansia episodica, che di solito durano poche ore e solo raramente più di pochi giorni).
  • Sentimenti cronici di vuoto. Facilmente annoiati, possono costantemente ricercare qualcosa da fare.

Le cause

I fattori genetici e le esperienze infantili potrebbero essere responsabili della disregolazione emotiva e dell’impulsività che contribuiscono pesantemente all’emissione di condotte disfunzionali e alla scarsa capacità di mobilitare le abilità sociali necessarie ad un buon andamento delle relazioni. L’esito dei conflitti rinforzerebbe la disregolazione e l’impulsività.

Le analisi genetiche hanno individuato 4 fattori, con il fattore principale denominato “disregolazione emotiva”, caratterizzato da labilità affettiva, instabile funzionamento cognitivo, instabile senso di sé ed instabilità delle relazioni.

Tra le esperienze infantili coinvolte nell’eziopatogenesi del disturbo, quelle di neglect, l’abuso sessuale, l’attaccamento disorganizzato, la perdita vera e propria delle figure di attaccamento.

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LIBRO: “dell’amore e non solo – Riflessioni per vivere meglio davvero”

In questo libro affronto svariati problemi di grande attualità in una prospettiva psicologica che include la questione stessa della psicoterapia. Offro al contempo strumenti terapeutici di facile utilizzo per stare progressivamente meglio con se stessi e con gli altri.

Oggi giorno i nostri disagi psichici sempre più frequenti, sono causa di dolore e mal di vivere. I temi affrontati nel libro sono dunque fondamentali in quanto inerenti ai problemi della società odierna; il presente contributo è di scorrevole lettura per gli addetti ai lavori e non.

In questa società così “liquida” e frettolosa, con molta facilità si tende a ricorrere a supporti psicofarmacologici, spesso già in età giovanile, a cui a lungo andare ci si assuefà, dovendo così aumentare le dosi con ovvie conseguenze fisiche e spesso con scarsi risultati clinici.
Evidenzio pertanto quanto una buona psicoterapia, mirata a far emergere disagi antichi e nuovi, li elabora e risolve all’interno di una alleanza terapeutica per con- seguire sollievo e guarigione. Questo libro è un piccolo saggio dedicato a chi ha sofferto o soffre al momento, nonché uno strumento di riflessione per poter vivere meglio.

Sottolineo inoltre che tutte le esperienze e le attività che vengono vissute con un senso di ‘amore’ per gli altri e per se stessi, costituiscono una sinergia mirante ad una evoluzione spirituale.

Più si addiverrà ad esperire questo senso integrale dell’amore, nei propri ideali come pure nella vita di tutti i giorni, più si arriverà ad essere liberi di amarsi, di amare e di essere amati.

* Il libro e’ prenotabile su Amazon, Ibs e La feltrinelli e acquistabile da subito sul sito CIC Edizioni Internazionali

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A volte ci si innamora del personaggio non della persona: ecco il perche’

Ci sono persone che si innamorano piu’ del personaggio che della persona in se’. Chiaramente cio’ non e’ evidente sin dall’inizio del rapporto. Per personaggio intendiamo ruoli, maschere, titoli e comportamenti della persona; l’accezione puo’ essere sia positiva quanto negativa.

Spesso si puo’ osservare che al personaggio si senta come il bisogno di assegnare sia idealizzazioni che aspettative fino al punto di non scorgere alcun lato della persona in se’, ma vedere solo il personaggio che abbiamo costruito con l’aiuto degli atteggiamenti della persona stessa.

Ma perche’ si compie questo tipo di operazione psichica? Le risposte sono molteplici. Provero’ ad elencarne alcune:

– per colmare un vuoto interiore

– per timore della solitudine

– per desiderio di innamorarsi

– per bisogni arcaici di una figura di riferimento

– per difficolta’ di stare in una relazione autentica

Ma cosa succede quando dovesse caderci il velo dagli occhi?

Talvolta, se non spesso, si scopre una persona che e’ completamente diversa dal personaggio che ci siamo rappresentati o di cui ci siamo innamorati.

In tal caso se non c’e’ amore per la persona, la scoperta si tramuta in delusione dando origine a conflitti interni ed esterni, a rabbia perche’ l’altro/a non risponde alle aspettative che ci eravamo create ma soprattutto disillusione rispetto al sogno che abbiamo costruito intorno ad essa.

Spesso questo fenomeno puo’ durare anni, specialmente se il personaggio e’ il precipitato di una personalità narcisista,perpetrando una relazione disfunzionale dai contorni positivi con un interno fortemente tossico per entrambi.

Il risveglio dal “torpore” ci induce a “vedere” l’altro/a ma soprattutto ci induce ad entrare in rapporto con noi stessi, con il bisogno che abbiamo avuto  di creare un personaggio a cui far aderire i nostri desideri e bisogni, ma che non ha nulla a che fare con la persona da cui ci siamo sentiti attratti.

Spesso questo fenomeno, per ragioni sociali e sociologiche, e’ piu diffuso nel mondo femminile che in quello maschile.

Sembrerebbe che la donna abbia maggiormente necessita’,rispetto all’uomo,di innamorarsi e di idealizzare, tendendo quindi piu’ facilmente alla costruzione di un personaggio ideale da attribuire all’uomo da cui si viene attratte piuttosto che dalla persona stessa.

D’altronde amare la “persona” e non il personaggio, e’ cosa molto piu’ complessa, perche’ scevra dalle aspettative e dalle idealizzazioni ma colma di sentimenti puri, rispetto e considerazione non per quello che la persona rappresenta ma per cio’ che la persona e’.