Madre e figlio dalla vita intrauterina in poi
Nella precoce (fino dalla vita fetale),profonda,emotivamente ricca,relazione con la madre si fondano e si costruiscono tutti quei nodi essenziali che possiamo chiamare “ le chiavi determinanti per la salute fisica e psichica“ futura. Quello che le moderne neuroscienze chiamano il sistema psiconeuro-endocrinoimmunologico.
L’impronta materna originaria,neuro/affettiva/relazionale,da un lato plasma nel piccolo la prima immagine di sé, forgia cioè la matrice da cui si svilupperà la personalità,dall’altro lato struttura il sistema che gli consentirà un equilibrio fisiologico e mentale e una capacità di autoregolazione,che a sua volta lo aiuterà nel progressivo distacco, non traumatico,dall’oggetto primario che gli ha fatto da guida, cioè dalla madre stessa.
Ciò che è accaduto al piccolo,nel bene e nel male,“nei primi 45 mesi determinanti per la vita” (9 mesi nel ventre materno e 36 mesi alla luce) resterà fissato nella memoria implicita e condizionerà per sempre il suo futuro.
Per sempre,l’equilibrio fisiologico e mentale del figlio sarà il riflesso dell’equilibrio fisiologico e mentale della madre.
Il rapporto tra madre e piccolo, fino dalla fase prenatale, non può fare a meno di strutturarsi su una serie di interazioni bio-psicologiche,che hanno la loro ragione di esistere nel concetto di “relazione”.
Si consideri ,per esempio, il fatto che l’embrione rilascia gruppi di cellule staminali, che oltrepassando la placenta, penetrano nella struttura materna, per aiutare a sistemare quegli organi che hanno bisogno di riparazione.
E’ un’azione inconscia,protettiva del piccolo prenatale verso il corpo della madre, cioè verso l’ambiente in cui sta crescendo. Ma è anche un segnale comunicativo verso la struttura che lo ospita. E’come se il nascituro dicesse “ ti do qualcosa di me perché tu stia meglio:dammi qualcosa di te”. E’ un processo di scambio basato sugli stimoli materni e sulla risposta fetale, dove “ogni stimolo è destinato a diventare una componente della personalità che si sta formando,e dove la natura viene assorbita e ripresa dalla cultura”. (L.Ancona)
Lo psicologico materno diventa biologico e poi psicologico nel piccolo.
Questa dinamica, evolvendosi, trova la sua naturale maturazione nel processo di ATTACCAMENTO.
Nel cervello della madre sotto l’effetto della partecipazione emotivo/affettiva della relazione con il feto e poi con il neonato, si producono, insieme a dei neurotrasmettitori, anche dei neuromodulatori, che sono in grado di aumentare l’efficacia delle connessioni sinaptiche che si stanno formando, e che hanno la capacità di determinare dei cambiamenti duraturi .
L’avvenimento dell’attesa di un figlio, l’agire giornalmente in un lavoro di stimolazione che ha come fine ultimo il suo benessere nel presente e nel futuro, l’emozione del parto e poi il successivo periodo di intenso accudimento, consentono al cervello materno di produrre l’ossitocina, un neuromodulatore che agisce sulle connessioni neurali esistenti, trasformandole e avviando una fase di importanti mutamenti strutturali.
L’ossitocina,chiamato anche “l’ormone della fiducia e dei legami sociali”, favorisce il sentimento di tenerezza e facilita il complesso percorso dell’attaccamento, ma rinforza anche nel piccolo la tendenza a legarsi con gli altri, cioè a socializzare .
L’ossitocina nel corso del travaglio, stimolerà le contrazioni, e dopo il parto favorirà la produzione del latte.
Alcuni studi condotti con la risonanza magnetica nucleare funzionale, consentono di osservare chiaramente che quando le madri prendono in braccio il piccolo o anche soltanto indugiano a osservare la sua fotografia, si attivano le regioni cerebrali ricche di ossitocina.
Tutte queste considerazioni per ricordare alle madri, che dubitano di non essere all’altezza di sostenere il ruolo che le attende e che temono di non riuscire ad affrontare le responsabilità che la presenza di un figlio comporta, quanto sia saggia e previdente la natura. Questa ha,infatti, predisposto che nel cervello materno avvengano delle modificazioni endocrine in grado di trasformarsi in modificazioni affettive, tali da mantenere costantemente vivo il legame con il piccolo. Questi,contemporaneamente, assorbendo ossitocina, sviluppa e fissa per sempre il desiderio della relazione affettiva. Di qui inizia la lunga strada che porta alla maturazione del sentimento dell’EMPATIA.
La madre deve prendere coscienza che ogni stimolo amorevole che proviene dal suo ecosistema psicologico, ma anche neuro-endocrino, fornito dall’ambiente uterino di base, nutre la personalità relazionale del figlio, e che questi, ricco fino dalla fase fetale di abilità percettive, interattive, cognitive, si attacca a lei, ed è in grado di manifestare in modo attivo la sua soddisfazione.
Il senso di sicurezza del piccolo dopo la nascita deriverà dalla profondità del suo attaccamento alla madre.
Ed è sulla base di un felice e intenso attaccamento che incomincerà a svolgersi il processo di APPRENDIMENTO.
Fino a un certo momento della vita fetale non si può parlare di “percezione”, ma si deve parlare di “recezione” dei messaggi materni. Infatti la percezione è il risultato di una serie di operazioni mentali, che organizzano le diverse afferenze che provengono in contemporanea da molteplici sensorialità.
E’ attraverso questo cammino lento dall’afferenza di tipo biologico verso la percezione che è in grado di lasciare tracce nella memoria (la memoria implicita che si basa sulle strutture tattili/emozionali ) che si dipana, per gradi, proprio il processo di apprendimento.
Le iniziali esperienze relazionali fetali sono indispensabili per la successiva costruzione delle prime funzioni mentali propriamente dette, che a loro volta influenzeranno fortemente le fasi dell’ulteriore evoluzione.
Alla base dello sviluppo cerebrale e mentale umano c’è la predisposizione ad apprendere dall’esperienza.
La madre, coinvolgendo il feto e poi il neonato in una serie di esperienze/stimoli, gli insegna come costruire le modalità per l’apprendimento. Attraverso le esperienze gli insegna a “pensare”.
Si delinea così il concetto “dello strutturarsi di una mente primitiva anche in epoca fetale “.
Gli input recepibili dal feto dapprima saranno di tipo biochimico (attraverso la placenta dal metabolismo materno al feto ), poi tattile e uditivo, poi vestibolare, quindi di tipo olfattivo-gustativo e poi ancora proprioaccettivo muscolare.
Questa “teoria del protomentale” è necessaria per spiegare anche il concetto di”transgenerazionalità” e cioè della trasmissione da madre (ma anche da padre) in figlio di certe caratteristiche psicologiche.
E’ la conferma che la caratteristica dell’homo sapiens è possedere fino dall’inizio dell’esistenza intrauterina, una PREDISPOSIZIONE AL “MENTALE”, e che questo mentale inizia il suo sviluppo con la relazione tra l’embrione, e poi il feto, e la gestante.
Si può affermare che, fino dalla fase prenatale, il piccolo “sceglie” la madre come punto di riferimento per le sue prime esperienze interattive con la realtà esterna. Una scelta così intensa ed esclusiva da consentire poi al neonato di riconoscerne la voce, i richiami, i profumi,in mezzo a tanti segnali.
Il bambino, nelle sue prime relazioni con la madre e con il padre, dovrà costruirsi una classe di oggetti (parziali prima e più completi e integrati poi) cui dovrà dare una collocazione spazio-temporale all’interno di sé, in quello spazio metaforico che chiamiamo mondo interno. Un ruolo centrale avrà in questo processo l’esperienza che il bambino ha fatto nella sua crescita endouterina. Queste esperienze sono tutte affidate alla sensoriaIità (in primo luogo uditiva ma anche somoestesica, vestibolare, gustativa), che permetterà al feto di percepire i ritmi materni (cardiaci, respiratori, intestinali), i suoi propri ritmi e gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno. Ne deriverà una interazione sensomotoria matemo-fetale la cui caratteristica essenziale è la costanza e la ritmicità. Questi stimoli funzioneranno da “oggetti modello” per la formazione di un primo abbozzo di rappresentazioni e costituiranno per il feto un contenitore ideale per una crescita che è fisica e mentale ad un tempo. In particolare, I’esperienza ritmica uditiva sarà essenziale per lo sviluppo delle funzioni psichiche che parteciperanno alla formazione della categoria mentale deputata alla definizione del bello. Vale forse la pena di accennare qui al fatto che la ritmicità è uno degli elementi essenziali del concetto del bello in ogni forma d’arte e non solo in musica
In questa linea di pensiero è suggestiva l’ipotesi che stati emotivi particolari, come ad esempio lo stato di trance che il suono del tamburo induce in alcuni popoli primitivi e, aggiungerei, lo stato di trance ipnotico che può essere indotto da alcuni ritmi in noi occidentali, sia legato ad esperienze musicali arcaiche radicate nelle prime esperienze che il bambino fa con la madre prima e dopo la nascita e in cui i ritmi biologici materni potrebbero avere un ruolo fondante.
In conclusione ritengo che la vita intrauterina sia determinante nella formazione della personalità dell’individuo in tutte le sue sfaccettature e nell’evoluzione di quella che poi sarà la personalità adulta
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