ALESSITIMIA: che cosa e’?
(dal greco alfa privativo – lexis = mancanza – thimos = emozioni)
Spesso nella pratica clinica ho potuto riscontrare pazienti con tali caratteristiche, ma non solo, ma anche persone con queste caratteristiche nella vita di ogni giorno
Caratteristiche fondamentali
1. difficoltà di identificare i sentimenti e di distinguerli dalle sensazioni somatiche;
2. difficoltà nel descrivere e comunicare emozioni e sentimenti alle altre persone;
3. processi immaginativi limitati;
4. stile cognitivo orientato esternamente.
Si tratta quindi di un “disturbo della regolazione degli affetti”.
Le persone alessitimiche hanno difficoltà a comunicare verbalmente agli altri il proprio disagio emotivo e non riescono ad usare le altre persone come fonti di conforto, di tranquillità, di feedback, di aiuto nella regolazione dello stress. La scarsità della vita immaginativa, inoltre, limita la loro possibilità di modulare l’ansia e le altre emozioni negative, attraverso i ricordi, le fantasie, i sogni ad occhi aperti, il gioco, ecc.
L’incapacità di verbalizzare le proprie emozioni non va considerata quindi come una difficoltà di tipo esclusivamente espressivo ma come una vera e propria limitazione nella possibilità di elaborare le emozioni e di costruire un proprio mondo interno. Oltre che come tratto di personalità relativamente stabile.
“l’anestesia emozionale” sembra avere finalità adattive, rappresenterebbe cioè un massiccio meccanismo di difesa verso la propria realtà interiore fonte di sofferenza e di grosso scompenso.
Alla luce dei recenti lavori di ricerca, l’alessitimia appare molto rilevante per il livello di salute e benessere complessivo dell’individuo: ad oggi è considerata come uno dei possibili fattori di rischio per svariati disturbi somatici e psicopatologici, (disturbi narcisistici della personalità, sindromi borderline etc.) in quanto l’incapacità di modulare le emozioni per mezzo dell’elaborazione cognitiva genera nei soggetti alessitimici la tendenza a liberarsi da tensioni causate da stati emotivi non piacevoli mediante comportamenti compulsivi quali: l’abbuffarsi di cibo, l’abuso di sostanze, il comportamento sessuale perverso, scatti di rabbia (insulti), uso di meccanismi arcaici difensivi come l’identificazione proiettiva (vd sotto *)
Lo stile cognitivo “orientato all’esterno”, cioè la focalizzazione dell’attenzione sull’esterno piuttosto che sulla vita interiore, può portare a amplificare e fraintendere le sensazioni somatiche, scatenando ansia e preoccupazioni ipocondriache, nonché’ totale disempatia verso il prossimo.
Anche la sfiducia interpersonale appare in parte legate al costrutto dell’alessitimia, in quanto coglie altri aspetti del problema della regolazione affettiva: la riluttanza a formare relazioni intime e a comunicare i propri sentimenti agli altri.
Per quanto concerne, infine, la relazione tra alesstimia e disturbi di personalità, è stata ipotizzata una sovrapposizione tra alessitimia e disturbo borderline di personalità.
Grotstein identifica tale disturbo come un disturbo dell’autoregolazione affettiva e sostiene l’esistenza di un’influenza reciproca tra variabili biologiche e psicologiche. Grotstein osserva come tali pazienti, “mancando della capacità di confortarsi da soli normalmente e di confortarsi attraverso relazioni oggettuali, sono costretti a ricorrere a droghe, cibo o altri espedienti al fine di regolare i propri stati psichici”, mancano cioè di capacità di autoregolazione.
In conclusione: il costrutto di alessitimia è definito da caratteristiche cognitivo-affettive comprendenti una significativa difficoltà a identificare gli stati emotivi, distinguere fra affetti e componenti somatiche delle emozioni, comunicare le proprie emozioni agli altri, oltre a uno stile cognitivo concreto e orientato alla verso la realtà esterna, povertà di immaginazione, mancanza di introspezione, scarsa attività onirica, conformismo sociale, tendenza ad esprimere le emozioni attraverso l’azione. Diversi studi in letteratura hanno messo in luce come il costrutto alessitimico, inizialmente associato ai disturbi somatoformi, sia invece riscontrabile in numerose altre patologie psicopatologiche, inclusi i disturbi dell’umore, dell’alimentazione, di personalità e di abuso di sostanze.
* IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA: (cenni) è correlata alla scissione. Consiste in un evacuare, un allontanare da sé un’esperienza completa di sé. Non solo una caratteristica umana viene vissuta come appartenente ad un’altra persona, ma si tratta dell’espulsione in toto di un’esperienza e della parte di sé capace di sperimentarla. Si tratta tuttavia di una evacuazione che riesce solo parzialmente. Il soggetto mantiene una certa risonanza con l’esperienza che ha proiettato. Cioè egli continua a sperimentare dentro di sé le emozioni ed i significati che ha proiettato sull’altro. Ma lo sperimenta come se provenisse dall’altro. Egli è convinto che sia colpa dell’altro se sta facendo quell’esperienza.
L’identificazione proiettiva crea, e quindi quasi sempre trova, conferma dei suoi assunti. Perché ne crea le condizioni. Si assiste spesso a questa sorta di induzione di esperienza dell’altro. L’identificazione proiettiva è una difesa altamente patologica che finisce per indebolire ed impoverire il Sé, privandolo di intenti settori di esperienza.
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